Argento e oro. Perché li amiamo e li desideriamo

Argento

Metallo prezioso che la natura ci regala allo stato puro.

L’uomo l’ha interpretato nei secoli attraverso il filo di leggende e storie a volte fosche, che spiegano il suo legame con la notte, dove invece il suo parente più stretto, l’oro, è simbolo del sole.

Nel Novecento lo troviamo come metallo evocativo del futuro, dei sogni intergalattici, dove tutto era possibile e a portata di potenziale umano.

Gli astronauti del Mercury 7 posavano orgogliosi nella loro tuta spaziale completamente argentea.

Paco Rabanne, negli spumeggianti anni Sessanta, creava vestiti fatti di tesserine metalliche, unite da piccole giunture, proprio come nei gioielli.

André Courrèges si divertiva a creare tessuti laminati per abiti e perfino calzature – direi, da approdo sulla luna. 

Nella storia, sono state le miniere d’argento dell’America meridionale e centrale a permettere all’impero spagnolo di prosperare per ben 500 anni. La devozione per questo metallo che valse loro così tanta fortuna si tradusse nel battezzare un intero paese con il chiaro richiamo a questo metallo: l’Argentina.

Purtroppo la storia ci restituisce anche un quadro ben poco luminoso dell’egemonia spagnola, che oppresse le popolazioni locali e costrinse tutti i ragazzi al di sopra dei 18 anni a lavorare nella nota miniera di Cerro Rico nella montagna boliviana, dove furono riportati numerosi episodi di avvelenamento da mercurio e incidenti sul lavoro.

L’argento rimane un metallo che racchiude in sé una simbologia con forte richiamo al ciclo della vita: prospera e declina in cicli di lucidatura e ossidazione. Proprio come noi attraversiamo le fasi della vita, anche la luminosità dell’argento si esprime nel suo massimo fulgore per poi deperire e svanire.

 

ORO

Ha attraversato i secoli su dipinti, pannelli, gioielli, tessuti e anche campi di battaglia e tende di imperatori.

L’oro ancora oggi regala un senso di riverenza, sia a chi lo osserva con desiderio, sia a chi se ne circonda per essere guardato con ammirazione e rispetto.

Ai giorni nostri, molti conoscono la sottile arte di dosarlo: l’eccesso di oro, si sa, viene accolto con disprezzo per volgarità e mancanza di gusto.

Nell’arte, per ricoprire cornici e dipinti, l’oro arriva in piccole foglie, sottili come tele di ragnatele, poi incollate e lucidate per distribuire la luce in maniera quasi ‘divina’.

Anche se nel Rinascimento le figure venivano inserite in contesti naturalistici, i personaggi risultavano avvolti da un’atmosfera ultraterrena – come la Venere di Botticelli, che il pittore aveva sapientemente arricchito con fili d’oro nell’intreccio dei capelli biondi.

Agli inizi del Novecento, il ritratto di Klimt ad Adele Bloch-Bauer aprì la porta a pettegolezzi e maldicenze: molti sospettavano che tra il pittore e la donna non ci fosse un semplice accordo artista-committente, ma un affaire amoroso, tanto era potente il messaggio di riverenza – quasi di lussuria – del prezioso metallo.

La donna, come una dea, si staglia su un fondo dorato, senza dimensioni e fuori dal tempo.

La chioma nera, lo sguardo intenso, la bocca leggermente socchiusa portavano gli osservatori a sognare della sua ‘divinità’.

Dal desiderio alla cupidigia il passo è breve.

L’animo umano può trasformare l’ammirazione per la bellezza in un istinto riprovevole, che può perfino portare alla fame e alla morte, come ci dimostra Mida, l’avido re protagonista del mito che insegnava gli uomini a guardarsi dal desiderare in maniera smodata.

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Se siete appassionate di simbologia dei colori, vi consiglio: Atlante sentimentale dei colori , Kassia St Clair, UTET, da cui ho tratto le preziose informazioni per il post di questa settimana.

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